Entro in un centro commerciale quando ho bisogno di comprare qualcosa. Altri ci vanno a fare un giro. Lo struscio del sabato per il corso principale di città e paesotti è stato sostituito dalla passeggiata fra le vetrine dei centri commerciali.
A molti questo quadro mette tristezza.
Però.
A considerarlo in dettaglio, però, il quadro è meno nuovo di quanto sembri.
Dal punto di vista linguistico, in primo luogo: se sostituiamo una preposizione, passiamo dai “due passi in centro” ai “due passi al Centro”.
Dal punto di vista del fenomeno in sé, poi.
“Due passi in centro”. Vagolare su e giù in una zona della città deputata ad attività commerciali. Fare acquisti, ma spesso non farne. Vedere le facce, commentare gli abbigliamenti, incontrare persone note, gradite o sgradite. In orari diversi, diverse fasce d’età: l’ora dei ragazzi che bigiano o che escono da scuola, l’ora delle famiglie, l’ora dei single. Le ore in cui agli indigeni si mescolano le persone del contado: dai paesi più piccoli si prende la macchina e si va a fare un giro nel centro dei più grandi, o del capoluogo, o della metropoli. Tutto questo avviene all’aperto, sotto i nostri cieli densi di PM10.
“Due passi al Centro”. Vagolare su e giù in una porzione del mondo circoscritta e attrezzata per attività commerciali. Fare acquisti, ma spesso non farne. Vedere le facce, commentare gli abbigliamenti, incontrare persone note, gradite o sgradite. In orari diversi, diverse fasce d’età: l’ora dei ragazzi che bigiano o che escono da scuola, l’ora delle famiglie, l’ora dei single. Non ci sono più indigeni, visto che i centri commerciali sorgono fuori degli abitati: tutti in macchina, tutti gente del contado, tutti periferici rispetto al polo di attrazione, spargiamo PM10 per andare a bighellonare al chiuso.
Questa è innovazione: i centri commerciali ci stanno rendendo tutti ancora più provinciali – oppure stanno democraticamente eliminando le differenze fra la (provinciale) spocchia cittadina e la (provinciale) condizione dei paesani. Rispetto al centro commerciale siamo tutti paesani.
Media World, nel frattempo, prosegue la sua politica di marketing a colpi di slogan pacchianotti e gridati. In passato si sono lette perle giocate sul filo di doppi sensi tutt’altro che sottili. Per il periodo dal 7 al 28 gennaio, invece, la scelta ha del manifesto ideologico: “I saldi di Media World? QUESTA È INNOVAZIONE!”
Il volantone, nei suoi consueti e garbati colori rossobianconero, propone la consueta e garbata collezione di oggetti tecnologici. L’offerta simula un saldo tradizionale, da negozio di abbigliamento: ogni oggetto porta il suo prezzo iniziale, la percentuale di sconto, il prezzo finale. Così, ad esempio, l’asciugacapelli PH 570 Lissima di Rowenta è proposto a 29,67 € (34,90 €, -15%) – e un’etichetta ad hoc che ne sottolinea il SISTEMA PER LA CURA DEL CAPELLO. Il Mac Mini, con processore Intel Core Solo a 1,5 Ghz, è proposto a 399,20 € (499 €, -20%) – e in questo caso il concetto tradizionale di “saldo” è quanto mai reale, visto che è già distribuita la versione Dual Core. Si può arrivare allo sconto del 40% su un hard disk portatile Maxtor, che passa da 129 a 77,40 € per 60 GB.
lunedì, gennaio 08, 2007
Questa Innovazione
Pubblicato da
g.o.
alle
10:45 AM
Etichette: Media World, struscio
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